La gestione della rabbia – quella che gli americani definiscono “anger management” – è un esercizio più complicato di quel che si possa immaginare e che, proprio per questo motivo, richiede in alcuni casi un aiuto esterno. Per esempio, il sito www.psicologo-monzabrianza.it è un punto di riferimento che merita di essere tenuto in considerazione a questo proposito, dal momento che consente di contattare una professionista del settore, la dottoressa Loredana Tromboni, specializzata in numerosi ambiti di intervento. Ma per quale motivo un’emozione cosè comune e, per molti versi, normale come la rabbia si trasforma in un problema che presuppone addirittura un supporto psicologico?
Va detto, in primo luogo, che gli esperti reputano la rabbia un’emozione primitiva: in effetti la si può osservare anche nei bambini più piccoli, ma addirittura negli animali. Si ha a che fare, pertanto, con un’emozione precoce, come possono essere – per esempio – il dolore e la gioia. La maggior parte delle teorie spiega che la rabbia è la diretta conseguenza, e al tempo stesso la reazione tipica, della costrizione, che può essere sia psicologica che fisica, e della frustrazione. Certo, questo non vuol dire che la costrizione e la frustrazione siano delle condizioni necessarie o sufficienti per far scatenare la rabbia.
Si può delineare, invece, una sorta di percorso che conduce alla rabbia, in un iter che inizia con uno stato di bisogno, prosegue con la manifestazione di un oggetto che ostacola la soddisfazione di quel bisogno, si evolve con l’attribuzione all’oggetto in questione della caratteristica relativa all’opposizione, continua con la constatazione che l’oggetto frustrante non fa paura, si tramuta nel desiderio di aggredire e attaccare l’oggetto e si conclude con l’attacco e l’azione aggressiva.
I destinatari della rabbia umana possono essere, dunque, degli oggetti che causano una frustrazione, ma a volte degli oggetti differenti, nel caso in cui si abbia a che fare con uno spostamento dell’obiettivo iniziale. C’è, poi, il caso dell’autolesionismo, che si verifica nel momento in cui un individuo aggredisce sé stesso perché è proprio contro sé stesso che indirizza la rabbia.
Il sentimento si può palesare tramite molteplici sensazioni soggettive: per esempio, un irrigidimento dei muscoli, la paura di non riuscire a mantenere il controllo, il caldo, l’irrequietezza. Accade, allora, che il tono della voce, evidentemente più intensa, si faccia minaccioso e stridulo, oltre che sibilante: è sinonimo del fatto che l’organismo sia sul punto di agire, di aggredire e di attaccare. Il sistema nervoso autonomo simpatico viene attivato, con una serie di variazioni sia fisiche che psicologiche ben evidenti: il battito del cuore aumenta, la tensione muscolare cresce, i vasi sanguigni periferici vengono irrorati di più, la pressione arteriosa sale, si suda più del solito. Il problema più noto della rabbia, infine, è che tanto più essa viene repressa, quanto più a lungo viene covata e vissuta, fino a quando non esplode improvvisamente.