L’Ultima Cena è uno dei dipinti più famosi di Leonardo Da Vinci, situato nel refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie e realizzato dal 1494 al 1497, su ordinazione di Ludovico il Moro, duca di Milano. Nel refettorio vi è anche la rappresentazione della Crocifissione di Montorfano nella quale Leonardo si trovò a dover raffigurare tra i volti dell’opera i duchi di Milano con i relativi figli. Nella parte opposta, Leonardo si dedicò alla rappresentazione dell’Ultima Cena, chiamato anche Cenacolo. Leonardo non era un amante della classica tecnica di affresco su intonaco, la quale tendeva a far asciugare i colori troppo velocemente rendendo impossibile eventuali ritocchi, ecco perché si dedicò alla sperimentazione di una nuova tecnica per dipingere su intonaco, denominata a tempesta grassa, così da poter intervenire sull’intonaco asciutto e migliorare i dettagli dell’opera anche in una fase successiva. Questa era una tecnica tipica della pittura su tavola, ed era proprio ciò che amava, infatti il suo modo di dipingere era fatto di ripensamenti e ritocchi, questo rese le sue opere indimenticabili e meravigliose anche nel dettaglio. Quando l’opera venne compiuta era molto nitida, soprattutto da distanza ravvicinata, proprio grazie ad una serie di pennellate quasi infinite che determinarono una tonalità di colore ricca e intensa e tramite un sottile strato di biacca, bianco di piombo, posto come base del dipinto, i colori risultarono essere molto luminosi. La particolarità del dipinto sta nella rappresentazione dei “moti dell’animo” della persona, Leonardo non si limitava a dipingere l’aspetto esteriore dell’uomo, ma voleva catturarne le emozioni e trasmetterle nel dipinto. Per fare ciò Leonardo decise di dipingere l’attimo dopo in cui Gesù, durante la l’ultima cena, disse “Uno di voi mi tradirà”, in cui suscitò grande tensione e agitazione tra gli apostoli. Una volta davanti all’opera ogni apostolo suscita la particolare emozione che sta vivendo in quel preciso istante. Ognuno di loro riesce a trasmette i propri pensieri. Ecco perché l’opera divenne da subito famosissima, poiché cambia il modo di rappresentare la scena usato fino a quel momento. Tante furono le copie prodotte, sia a grandezza naturale, 460×880 cm, sia di altre dimensione e con vari supporti. Purtroppo l’artista non pensò all’elevata umidità dell’ambiente, confinante con le cucine, che portò il dipinto a deteriorarsi con il tempo. Anche la tecnica utilizzata non era adatta, appena finito il dipinto fù lo stesso Leonardo che vide le prime crepe. Numerosi furono i tentativi di restauro dell’opera, alcuni studiosi sostennero che a causa di ciò furono distorte le sembianze e le posizioni degli apostoli così tanto da non rimanere traccia del dipinto originale di Leonardo. Non aiutò la venuta di Napoleone, che trasformò il refettorio in stalla e con l’avvento della seconda guerra mondiale, tra i vari bombardamenti, rimase miracolosamente intero.
Così a causa dei gravi danni riportati, nel 1977, iniziò una grande opera di restauro del dipinto che fece riemergere di nuovo le linee, i colori e i profili delle figure originali di Leonardo. Il viso di Giovanni e il soffitto a cassettoni erano le parti più deteriorate, inutili furono i tentativi di riportare alla luce la pittura originale. Durante il restauro si trovò anche il punto di fuga utilizzato da Leonardo per disegnare tutta la prospettiva del quadro, situato sulla testa del Cristo, dove piantò un chiodo e usò dei fili per dipingere.
Nel 1980 l’opera venne dichiarata patrimonio mondiale dell’Unesco.”

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