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Secondo la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, una persona su otto ha problemi di accesso alle risorse alimentari. Il problema della fame nel mondo, e la conseguente lotta per combattere la crisi alimentare, è stato dibattuto per anni nelle più importanti sedi internazionali. Nonostante da più parti si affermi che la crisi alimentare non ha soluzione, fortunatamente non mancano buone pratiche per affrontare e risolvere il problema. Una delle più interessanti l’ha adottata il Comune di Milano con la creazione degli Hub di quartiere.
Un’idea per ridurre gli sprechi alimentari
L’idea degli Hub è nata dal protocollo d’intesa “Zero Sprechi” firmato da Comune di Milano, School of Management del Politecnico di Milano e Assolombarda. La rete degli Hub di quartiere è stata resa possibile da due importanti iniziative: la Food Policy di Milano e il Programma Qubì, entrambe promosse dal Comune di Milano e dalla Fondazione Cariplo.
Che cosa rappresentano dunque gli Hub di quartiere? Per quale motivo possono contribuire a risolvere il problema della crisi alimentare? Milano ha istituzionalizzato gli Hub per contrastare il fenomeno dello spreco di cibo, permettendo contestualmente di offrire un sostegno alimentare alle persone che versano in difficoltà economiche e non sono in grado di alimentarsi in modo adeguato.
La città capoluogo della Lombardia sta sperimentando 3 Hub di quartiere e il risultato rappresenta già una piccola grande rivoluzione, pronta per essere esportata anche in altre grandi città.
Milano è in prima linea sul fronte della crisi alimentare e degli sprechi delle risorse sin dai tempi di Expo 2015. Come si può leggere anche su Food Policy Milano, la politica alimentare del Comune meneghino è una delle eredità provenienti proprio da Expo 2015. L’obiettivo di tale policy è permettere la sostenibilità del sistema alimentare all’interno dell’hinterland della città.
In occasione dell’importante evento espositivo che si è tenuto nel 2015, e che ha avuto una risonanza mondiale, si è posta all’attenzione dell’opinione pubblica globale il tema del cibo e degli sprechi alimentari, alla luce di un dato allarmante: attualmente più di 800 milioni di persone in tutto il mondo sono sottoalimentate.
Il problema appare in tutta la sua importanza confrontando due dati: se da una parte bisogna considerare che sul Pianeta una persona su otto non ha accesso alle risorse alimentari, specialmente nei paesi economicamente meno sviluppati, dall’altra non è possibile non registrare una responsabilità dei Paesi economicamente più avvantaggiati rispetto all’enorme spreco di cibo; infatti, un terzo di tutte le risorse alimentari prodotte nel mondo viene sprecato.
È importante sottolineare come la produzione dell’industria alimentare abbia enormi conseguenze sulla salute generale del Pianeta. Per ogni prodotto alimentare scartato, che dunque non viene consumato, si impiegano risorse naturali che depauperano un’ecosistema già fragile. Spesso le risorse impiegate per produrre il bene in eccedenza mettono inutilmente sotto pressione il sistema agricolo. Circa il 30% delle emissioni totali di gas serra sono causate dalla produzione alimentare, considerata nella sua globalità. Si tratta dunque di un sistema la cui logica si è dimostrata fallace. Si producono, inquinando e depauperando il Pianeta, risorse alimentari che per un terzo vengono sprecate, a fronte di quasi un miliardo di persone che non hanno la possibilità di nutrirsi in modo soddisfacente.
L’esperienza di Milano con gli Hub di quartiere
Gli Hub creati dal Comune di Milano nel 2019, veri e propri centri per fronteggiare lo spreco alimentare, hanno una duplice utilità. Ogni Hub infatti:
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- Recupera derrate alimentari dalle mense aziendali e dai supermercati;
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- Dona le derrate alle ONG, che si occupano della loro distribuzione alle persone in difficoltà.
L’obiettivo che il Comune di Milano si è posto con la creazione degli Hub è di dimezzare gli sprechi alimentari entro la data del 2030. Il progetto è il primo nel suo genere perché innesca una filiera che coinvolge enti pubblici, ONG, banche alimentari, enti di beneficenza, università e aziende private: va ricordato infatti il contributo offerto in tal senso da 20 supermercati, 24 enti del Terzo settore e 4 mense aziendali.
La buona notizia è che quello che nel 2019 era un progetto pionieristico sta funzionando perfettamente, grazie alla presenza di tre Food Waste Hub, ognuno dei quali è in grado di recuperare 350 kg di cibo al giorno, per un totale di 130 tonnellate di derrate alimentari ogni anno. Il risultato di questo processo articolato è la distribuzione annuale di 260.000 pasti, di cui hanno beneficiato in totale circa 3.800 persone.
Il progetto è pronto per essere esportato in tutto il mondo: l’obiettivo è l’adozione generalizzata di un sistema in grado di ridurre drasticamente gli sprechi e favorire una distribuzione più equa delle risorse alimentari tra le persone più bisognose. Tuttavia il modello scelto da Milano si pone anche un obiettivo di ampio respiro: la contrazione della quantità di rifiuti e di scarti presenti sul Pianeta.
Dove sono ubicati i tre centri per il contrasto agli sprechi alimentari? Grazie al lavoro di squadra che ha visto coinvolte la città di Milano e le aziende private impegnate nel Terzo settore, sul territorio dell’hinterland milanese sono presenti 3 Hub di quartiere ubicati a:
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- Isola, aperto nel 2019;
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- Lambrate (2020)
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- Gallaratese (2021).
Il primo Hub di quartiere è nato nel 2019 a Isola; da solo è in grado di recuperare in un anno fino a 60 tonnellate di alimenti in eccedenza, ossia derrate alimentari che altrimenti andrebbero smaltite diversamente. Si tratta di 220.000 pasti con un valore economico di 380.000 euro. Il risparmio si riflette anche sulle casse del Comune di Milano, in particolare sulle operazioni di smaltimento dell’umido che avrebbe un costo di 5.400 euro.
Un modello esportabile
Il valore del progetto degli Hub di quartiere è stato riconosciuto immediatamente, tanto da essere inserito tra i quindici progetti finalisti all’Earthshot Prize. La bontà dell’idea alla base del modello elaborato dal Politecnico di Milano non è dunque passata inosservata, se si considera che al premio concorrevano 750 iniziative provenienti da ogni parte del mondo.
L’Earthshot Prize è un concorso ideato dalla Royal Foundation dei duchi di Cambridge, William e Kate. Il modello virtuoso degli Hub di quartiere, messo a punto dal Comune di Milano, è stato selezionato anche all’interno della categoria ‘Costruire un mondo senza sprechi’.
Milano si propone dunque come esempio per altre grandi città, grazie alla food policy adottata dall’amministrazione comunale già in previsione di Expo 2015.
Tuttavia il modello proposto da Milano è in continua evoluzione. A dimostrarlo c’è il terzo Hub di quartiere aperto nel 2021 nel Municipio 8, al Gallaratese. Oltre alla raccolta di derrate alimentari e alla distribuzione delle eccedenze, come previsto in origine nei primi due centri, sono stati predisposti anche un market solidale e un servizio di attività formative ed educative per minori e donne in difficoltà.
Gli Hub di quartiere dunque non forniscono solo un aiuto ai soggetti fragili dal punto di vista economico, ma costituiscono anche un punto di riferimento per i quartieri. Si tratta di una formula innovativa rispetto agli Hub già attivi a Isola e Lambrate, perché l’obiettivo diventa il sostegno alimentare come forma propedeutica all’inclusione sociale.